10 innovazioni per i prossimi 10 anni
Dall’auto senza pilota alle nanoarchitetture passando per l’intelligenza artificiale, la salute e le nuove forme di realtà: cosa bolle oggi ma vedremo in pieno solo fra qualche anno
(Foto: Getty Images)
Come cambieremo nel giro di dieci anni? Quali tecnologie, che al momento riusciamo solo a intravedere o che non hanno ancora raggiunto la giusta maturità, modificheranno a fondo la nostra vita? Difficile dirlo. Un po’ perché le soluzioni oggi in fase di sviluppo, almeno quelle prettamente orientate al lato consumer, dovranno vedersela con la prova più difficile: quella del pubblico. Dall’altra perché saranno i flussi d’investimento a decidere su quali fronti scommettere la propria golden share, spingendoli alla diffusione, al successo e al miglioramento della qualità dell’esistenza di milioni di persone.
Senza dubbio, lo si è visto anche nel corso degli appuntamenti degli ultimi mesi, dal Ces di Las Vegas al Mobile World Congress di Barcellona, nell’arco di cinque anni, per non parlare di un lasso più ampio, la realtà non sarà più quella di prima. Che poi la direzione sia aumentarla o virtualizzarla – come fanno maschere e visori di Microsoft, Sony, Htc e Oculus Rift – o di spingere invece sulla cinematica, come Magic Leap, starà probabilmente in un mix di applicazioni, costi e facilità d’uso. Oltre a un aspetto che in molti sottovalutano: le (possibili) ricadute sulla salute.
Neanche i materiali, come abbiamo visto con le tecnologie domestiche già disponibili, saranno più gli stessi. Le nanoarchitetture daranno infatti vita a nuovi prodotti in qualche modo transmolecolari che, come avvenuto con le piante geneticamente modificate, uniscano le qualità di materiali e prodotti preesistenti. Ecco perché il modo di costruire una casa così come le applicazioni biomedicali ne usciranno stravolte: basti pensare in Italia al lavoro di una startup come Silk Biomaterials, che si muove nell’ambito della medicina rigenerativa per realizzare protesi biodegradabili temporanee utili a riparare i tessuti umani e realizzate con elementi micro e nanofibrosi in seta.
A questo, come a molti altri ambiti, si legherà una tecnologia di cui si è già molto parlato ma che nel prossimo quinquennio arriverà davvero su tutte le scrivanie dei consumatori – che torneranno così a farsi davvero produttori – ma anche, più di quanto già non siano presenti, nei laboratori di ricerca e in quelli industriali. La stampa 3D, per la quale si prevede un mercato da 16 miliardi di dollari nel 2018. Il punto è che, Autodesk a parte, dal campo mancano ancora in larga misura i big player hi-tech che sembrano temere una rivoluzione partita dal basso.
L’auto che si guida da sola prima o poi arriverà. Google ha svelato la sua proprio lo scorso dicembre. Servono tuttavia ancora molti passi avanti in termini di sicurezza e di legislazione nei vari Paesi. Chris Urmson, capo del progetto a Big G, ha raccontato che occorreranno almeno altri cinque anni e mezzo. Intanto moltissime aziende automobilistiche (ma anche hi-tech) stanno sviluppando i loro prototipi e implementando alcuni aspetti di quelle tecnologie nei modelli già in commercio. Seppure non potrà fare del tutto a meno di un pilota, nel giro di qualche anno l’automobile ne saprà senz’altro più di quanto capisca ora. E lo racconterà al guidatore e alle altre vetture.
Un altro aspetto, che sta in fondo alla base di molti degli sviluppi, è quello della connettività diffusa. Cioè internet per tutti. Ci è tornato, di nuovo, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg all’ultimo Mwc. Ma anche altre alleanze, su tutte quella capitanata da Big G, stanno lavorando per portare la rete a quei quattro miliardi abbondanti di persone che per le più diverse ragioni non possono collegarsi. Difficile, specie in certi territori, ci si riesca con lo sviluppo di reti tradizionali. Più semplice – per quanto al momento costoso e bizzarro – raggiungere l’obiettivo con strategie alternative: dai palloni aerostatici di Project Loon ai droni. Sul primo fronte, fra l’altro, Sunda Pichai, vicepresidente di Mountain View, ha fornito di recente aggiornamenti significativi: “Un progetto iniziato quattro anni fa come un esperimento: allora riuscivamo a tenerli in volo a malapena per tre giorni, ora stanno su per sei mesi”.
Tornando al lato della salute, cambierà – e di molto – il modo di diagnosticare i tumori grazie alla biopsia liquida, inserita anche dalla Technology Review del Mit di Boston fra le 10 tecnologie fondamentali del 2015. Si tratta della possibilità di valutare la presenza di un cancro sequenziando rapidamente il Dna presente nel sangue di un individuo, prima ancora che i sintomi si manifestino. La sfida, a cui si lavora a Hong Kong con l’impegno del medico Dennis Lo così come in molti altri istituti del pianeta, sarà allargare la validità del test a tutte le forme di tumore. E chissà, magari ad altre patologie.
Sul fronte della sostenibilità il quadro è infinitamente più vasto. Se l’impresa, appena decollata, di Solar Impulse ci ricorda l’incredibile margine delle energie pulite anche per impieghi per i quali non sono ancora considerate adeguate, i prossimi anni non potranno non ruotare intorno al riciclo e allo stoccaggio intelligente di energia. Su questo secondo fronte, in particolare, non si potranno non superare i limiti delle attuali batterie agli ioni di litio. Per esempio grazie alle scoperte di Yi Cui dell’università di Stanford, che racchiude l’anodo di litio, il polo negativo della batteria, in una membrana di carbonio spessa 20 nanometri che consente al litio di rimanere sotto controllo e durare di più. Sul primo, invece, saranno le città a mutare completamente volto grazie a una miriade di piccole grandi innovazioni urbane racchiuse sotto il cappello di smart city: dalle pavimentazioni che producono energia agli incroci senza semafori. La sorte dell’auto elettrica è invece legata alla diffusione di una rete di ricarica rapida e alla capacità delle batterie.
La società non sarà più la stessa a causa della progressiva robotizzazione, con la sostituzione di compiti e ruoli prima svolti dagli uomini. Nell’arco di un decennio non sarà affatto difficile, tanto per fare un esempio, rivoluzionare i parametri dell’assistenza ai malati e agli anziani attraverso macchine intelligenti in grado di svolgere diversi compiti, come nel caso di Asimo della Honda e dei nipoti che verranno. Più complicato, nello stesso lasso di tempo, arrivare ad autentiche macchine androidi dotate di una vera intelligenza artificiale.
Tema, quest’ultimo, che sembra tuttavia essere l’ultima, grande passione dei Paperoni della Silicon Valley. Quelli che muovono gli investimenti pesanti. È per esempio di pochi mesi fa la notizia che ancora Zuckerberg, Elon Musk, fondatore di Tesla, e l’attore-geek Ashton Kutcher hanno investito 40 milioni di dollari nella startup di San Francisco Vicarious, una società che intende studiare e replicare il funzionamento di alcuni meccanismi cerebrali della neocorteccia umana, l’area deputata all’apprendimento. Ma anche Google, con DeepMind, Microsoft e Ibm sono da tempo al lavoro su questo fronte. Chissà che, insieme ai cosiddetti organoidi cerebrali sviluppati all’Istituto di biotecnologia molecolare di Vienna, tessuti che sfoggiano alcune caratteristiche del cervello nei primi tre mesi del suo sviluppo, non sia possibile arrivare nel giro di un decennio a tecnologie predittive sempre più raffinate ma anche a concreti passi avanti negli studi sui disturbi neurologici.
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