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Blog » 2015 » Marzo » 20 » ESCLUSIVO Putin: la mia verità sul colpo di stato in Ucraina
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ESCLUSIVO Putin: la mia verità sul colpo di stato in Ucraina

Ci sono narrazioni e contronarrazioni. I media agiscono nel contesto del proprio frame. C’è il frame Ue-Nato e c’è il frame sovietico. Un blog serve a farvi fare un salto, un cambio di frame, oppure non serve.

Questo è un estratto del documentario appena uscito in Russia, nel quale Vladimir Putin racconta dei tragici giorni del colpo di stato ucraino, e di come avrebbe salvato la vita del presidente deposto Viktor Yanukovych.

 

Ecco il testo, tradotto per voi da Anya Stepanova e Ivan Setta.

PARLA PUTIN: COSA SUCCESSE DURANTE IL COLPO DI STATO DI KIEV
Putin: “Ho invitato al Cremlino i dirigenti delle nostre forze speciali, il ministero della difesa, dando un ordine ben preciso. Voglio essere sincero: salvare la vita del presidente Ucraino”.

 

Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio è stata messa in atto un’operazione che non trova alcun precedente nella storia moderna. Per ordine del capo di stato della Russia è stato evacuato il presidente in carica di un altro stato, l’Ucraina, da un paese che stava precipitando nel caos.

 

Putin: “I nostri servizi di ricerca radio-elettronica hanno coperto la via di fuga del suo convoglio. Per noi era evidente il fatto che il convoglio di Yanukovich a brave si sarebbe imbattuto in una trappola. Lo avrebbero eliminato fisicamenteIl presidente legittimo Ucraino ha chiesto di essere aiutato a salvarsi la vita. Tutti i dettagli riguardanti questa operazione sono stati classificati come TOP SECRET per un anno. Gli unici che ne erano a conoscenza erano il Presidente e il personale direttamente coinvolto nell’operazione”.

Giornalista: “Mi faccia capire bene. Lei ha diretto personalmente questa operazione per una notte intera?”.

Putin: “Si, è così. Stiamo parlando della notte a cavallo tra il 22 e ill 23. Abbiamo finito attorno alle 7 del mattino e salutandoci – questa la devo dire – ho detto a tutti i miei colleghi (erano in 4): ‘La situazione in Ucraina sta prendendo una brutta piega, perciò mi vedo costretto di annunciarvi che dovremmo far partire un’operazione che assicurerebbe il ritorno della Crimea in Russia. Non possiamo lasciare la popolazione della penisola in mano a nazionalisti’. Così ho rilasciato direttive da seguire, ma ho sottolineato il fatto che la riannessione della Crimea avrebbe avuto luogo solo nel momento in cui la popolazione stessa lo avrebbe voluto. Il punto fondamentale era dare alle persone la possibilità di esprimersi e di palesare la propria scelta. Ve lo dico con la più assoluta sincerità. Tra me e me pensavo: ‘Se invece vorranno fare parte dell’Ucraina, così sarà. Magari avranno più autonomia, diritti speciali. Ma il loro volere verrà rispettato. Però se vorranno ritornare in Russia, noi non abbiamo il diritto di abbandonarli’”.

La situazione a Kiev peggiora drasticamente il 18 febbraio alle 13.30, quando viene sparato il primo colpo. Però ad essere uccisi sono 5 poliziotti degli interni, feriti alla gola. I nazionalisti della destra assaltano l’ufficio del partito regionale. Uno degli addetti viene bruciato vivo. Il giorno dopo nel centro di Kiev vengono uccise altre 25 persone. Il 20 febbraio i cecchini aprono il fuoco in piazza. Sparano su entrambi le fazioni e uccidono circa 100 persone tra golpisti e polizia.

Giornalista: “Tutto cambia rapidamente. La situazione sfugge di mano. Partono i primi colpi d’arma da fuoco. Scorre il sangue a Majdan (la Piazza di Kiev). Come si stava comportando Janukovich? Sicuramente l’avrà chiamato: ha forse chiesto di essere ricevuto?”.

Putin: “Sì, sì. Mi chiamò il 21 sera. Mi disse che sarebbe partito per Harkov per partecipare ad una conferenza regionale. Non voglio nascondervi nulla: gli ho consigliato di non lasciare la capitale, in un clima del genere. Mi ha risposto che mi avrebbe richiamato più tardi”.

In quel momento drammatico, quando vengono uccise delle persone in piazza da parte di cecchini di cui ancora oggi non sappiamo nulla, Viktor Janukovich torna a dormire a casa sua per un’ultima volta.

Putin: “Dopo mi richiamò, dicendomi che aveva deciso di partire. L’unica consiglio che gli ho dato al momento era quello di non aumentare il numero delle forze dell’ordine nella piazza. Lui allora mi disse: ‘Si,certo,lo capisco benissimo’. Partendo, ordinò a tutte le forze dell’ordine di andarsene”.

Il 21 febbraio, alle 9.17 del mattino, uscendo dalla residenza del Mezhigorja, Viktor Janukovich si ferma per un attimo come per fare un ultimo saluto. Non vi avrebbe più fatto ritorno. Ma nutriva ancora qualche speranza per un lieto fine, dopo aver accettato una serie di ultimatum che gli sono stati imposti dall’opposizione e dall’Unione Europea.

Putin: “E invece, come ben sappiamo, l’opposizione ha preso con la forza l’apparato amministrativo del presidente Ucraino e il parlamento. Il 22, Janukovich mi chiama ancora dicendomi che si trova a Harkov e che mi avrebbe voluto incontrare per parlare della situazione attuale. Naturalmente accettai subito”.

Quel giorno il colpo di stato anticostituzionale porta al potere Alexander Turchinov, deponendo Viktor Janukovich. Il presidente Janukovich prende la parola da Harkov nella rete televisiva nazionale e dice: “Non sono disposto a rinunciare al mio incarico di legittimo presidente Ucraino. Ciò a cui oggi assistiamo è un vero è proprio colpo di stato ed un atto di vandalismo”.

Appena Janukovich lascia Kiev, gli emissari della commissione dell’Unione Europea (Radoslav Sikorsky, Olivie Boi, Dali Griboutskaje), uno dietro l’altro, iniziano a dichiarare che l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea verrà comunque firmata con il nuovo governo. Il presidente legittimo Janukovich diviene una figura per loro molto scomoda.

Putin: “Le nostri fonti dicevano che le persone coinvolte in questo colpo di stato non solo erano pronte a incarcerare Janukovich, ma erano disposte persino ad eliminarlo fisicamente, poiché quest’ultimo era una figura molto scomoda per loro. Come diceva un famoso personaggio storico: ‘Non c’è persona, non c’è problema‘. (La frase che lo scrittore Rybakov nel suo libro “I figli dell’Arbat” attribuisce alla figura di Stalin). Poi abbiamo avuto delle conferme sul fatto che ciò avrebbe sicuramente avuto luogo. Se Janukovich fosse morto, l’opposizione sarebbe riuscita più facilmente a risolvere una serie di problemi sorti successivamente“.

Il 22 febbraio Janukovich lascia la città di Harkov spostandosi a Donezk, da dove contatta Putin chiedendo un incontro.

Putin: “Gli avevo fatto una proposta. Gli avevo detto: ‘Ci vediamo a Rostov (Russia), così non perderai tempo nello spostamento via aerea. Posso venire io di persona’. Fu allora che un’altra telefonata da parte degli addetti alla sicurezza personale di Janukovich ci informò di avere avuto grossi problemi all’aeroporto. Impossibile usare l’aereo. Avevo intuito che stava accadendo qualcosa fuori dal comune. Più tardi abbiamo scoperto che il corteo di Janukovich era stato assaltato e preso a colpi di fucile. Anche il corteo del procuratore generale Pshonke fu assaltato e uno degli addetti alla sicurezza ferito. In parole povere, il colpo di stato era già avvenuto ed era partita l’operazione che avrebbe dovuto eliminare fisicamente Janukovich“.

I responsabili delle 4 strutture della difesa Russa ebbero l’ordine da Putin di salvare la vita del presidente Ucraino. Nel frattempo i servizi speciali Ucraini ebbero ordini opposti: quelli di eliminare il Janukovich. Avrebbero dovuto prenderlo ancora nell’aeroporto di Donezk, ma dopo la fuga aerea fallita, il convoglio di Janukovich sparisce nel nulla, tra le pianure dell’est dell’Ucraina.

Giornalista: “E’ riuscito a scappare da Donezk ma senza sapere dove andare”.

Putin: “Ha pensato di andare in Crimea. Però quando mi fecero vedere la mappa dei suoi spostamenti…”.

Giornalista: “Lei è riuscito a rintracciare i suoi movimenti?”.

Putin: “Quando ci ha chiamati, i nostri servizi di intelligence lo hanno subito individuato e hanno seguito il suo convoglio. Ogni volta riuscivamo a stabilire la sua posizione. Però quando mi fecero vedere la mappa, fu subito chiaro che Janukovich stava andando verso una trappola. Le dico di più: i nostri servizi segreti ci informarono che il convoglio di Janukovich si sarebbe scontrato con mitragliatori pesanti che avrebbero dovuto… beh… insomma… Non si sarebbero persi troppo in chiacchiere”.

Giornalista: “Sta dicendo che non lo avrebbero fermato per arrestarlo?”.

Putin: “Abbiamo tutti i motivi per pensare che lo avrebbero eliminato subito senza nemmeno fermarlo. La sua scorta ha ricevuto informazioni al riguardo. Non potevano proseguire nella direzione prestabilita. Sono stati momenti strani, perché le conversazioni erano aperte. Usavano una linea non codificata e noi usavamo questo a nostro vantaggio per seguire la sua posizione. Ma prima non sapevamo dove fosse, perciò eravamo pronti a prelevarlo direttamente da Donezk via aerea, via terra o via acqua”.

Giornalista: “Vuole dire che vi siete preparati a prelevare Janukovich in qualsiasi modo?”.

Putin: “Si… Si era allontanato ormai troppo da Donezk. Le navi avrebbero impiegato troppo tempo per prelevarlo. Avrebbero avuto bisogno di circa cinque o sei ore per avvicinarsi alla riva”.

Giornalista: “Lo avete consigliato di avvicinarsi alla riva? Lo avete avvisato del pericolo che lo attendeva sulla strada?”.

Putin: “Sì, il convoglio cambiò subito direzione, mentre noi suggerivamo la direzione da prendere. Abbiamo consigliato al convoglio di avvicinarsi alla riva, dove avrebbero dovuto incontrare una squadra di elicotteri con forze speciali a bordo”.

Le ricerche durarono per quasi 2 ore. Ma nessuna squadra di elicotteri riuscì a individuare il convoglio. I piloti non avevano alcun modo di comunicare con Janukovich, mentre il suo portaborse continuava a chiamare il Cremlino.

Putin: “A un certo punto divenne evidente che gli elicotteri non sarebbero riusciti a trovare il convoglio, mentre i serbatoi si stavano svuotando. Avrebbero dovuto a breve ritornare indietroGli elicotteri si erano ormai preparati per rientrare alla base, quando uno dei piloti all’improvviso nota un bagliore in lontananza. Le macchine del corteo di Janukovich, dopo aver sentito il rumore delle pale, avevano acceso contemporaneamente i fari delle loro macchine segnalando così la loro presenza”.

Giornalista: “Come hanno fatto a capire che dovevano comportarsi in questo modo?”.

Putin: “Li abbiamo consigliati noi, diciamo così…”.

Giornalista: “Avete consigliato voi a dei vostri colleghi di comportarsi così?”.

Putin: “Sì, certo, sono stati individuati e prelevati all’istante”.

Putin: “Naturalmente la cosa non finì lì. Janukovich non volle trasferirsi in Russia e chiese espressamente di essere trasferito in Crimea. Andò in Crimea dunque. Perciò nei giorni successivi rimase sempre in Crimea, e cioè sul suolo del territorio Ucraino di allora. Però dopo qualche giorno, quando ormai la città di Kiev era stata perduta e non vi era più rimasto nessuno con cui trattare, mi chiese di essere trasferito in Russia”.

Giornalista: “Quando le è stato comunicato che Janukovich era in salvo, cos’ha provato?”.

Putin: “Abbiamo salvato la sua vita e quella dei suoi famigliari. Penso che salvare vite umane sia una cosa giusta e nobile, aldilà di come le azioni di questa persona possano essere percepite dagli altri. Mi ha detto che non era riuscito a prendere la decisione di firmare l’ordine che avrebbe permesso alla polizia di usare le armi da fuoco. Non mi sento in diritto di incolparlo per questa decisione, di certo non facile. É stato un bene o è stato un male? Una cosa è evidente: la noncuranza e la debolezza personale hanno portato ad un risultato finale piuttosto drammatico”.


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