Il nuovo rapporto Ocse sulle diseguaglianze andrebbe letto di pari passo con il recente bilancio Istat sull'occupazione (in calo anche ad inizio 2015) e il rapporto sull'economia italiana. Incrociando i dati diventano ridicoli gli annunci di ripresa che Governi e giornali ripetono a corrente alternata da 7 anni. In Italia le diseguaglianze sono in crescita sotto tutti i punti di vista.
Ecco come l'Ocse disegna la piramide della ricchezza nazionale:
Si noti che anche fra i ricchi esistono profonde diseguaglianze. Il 5% più ricco detiene la stessa ricchezza del 15% successivo e l'1% degli ultra ricchi accumula quasi la metà della ricchezza del seguente 4%.
Ma i dati più preoccupanti riguardano ovviamente il 20% più povero, massacrato da anni di tagli allo Stato sociale, dalla mancanza di investimenti a favore dell'occupazione e dall'assenza di un reddito minimo di cittadinanza che garantisca a tutti condizioni di vita almeno dignitose, come quello proposto dal M5S.
Tragico anche il declino della classe media, sempre più compressa verso il basso. Dal 2007, non a caso, il reddito disponibile è crollato del 4% per il 10% più povero della popolazione, e solo dell'1% per il 10% più ricco. Non è una differenza da poco, dato che il 4% di un reddito complessivo bassissimo pesa molto di più dell'1% di un reddito elevatissimo.
Non vanno tralasciati infine i dati sulla povertà legata alla qualità del posto di lavoro, perché le politiche liberiste che hanno colpito i lavoratori negli ultimi 18 anni (il pacchetto Treu del primo Governo Prodi risale al 1997) sono le principali responsabili di questa enorme diseguaglianza. E il Jobs Act è l'ideale chiusura del cerchio. L'Ocse rileva infatti che il tasso di povertà tra i lavoratori non standard (ovvero autonomi, precari e part-time) è del 26,6% mentre per i lavoratori standard scende al 5,4%, e raggiunge il 38,6% tra i disoccupati.
Il modello di sviluppo sposato da questo Governo porterà al disastro sociale. Solo il M5S ha la credibilità per invertire la rotta prima che sia troppo tardi.
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