Siamo a contrada Le Vigne: Viggiano (provincia di Potenza).
È questa l’area abitata più prossima al famigerato Centro Oli dell’Eni, impianto dove avviene una prima desolforizzazione del greggio estratto in Val d’Agri. “Che tu possa perderti tra le vigne di Viggiano”, recita un vecchio adagio del posto.
E questo a conferma di quanto fosse estesa un tempo l’area destinata ai vitigni. Ma oggi di quella fiorente attività agricola non resta che un’ombra scura. Di quell’antico vino doc dell’Alta Val d’Agri, resta solo il ricordo. La maggior parte delle viti, infatti, sono state tagliate.
In questa contrada, dove le vie non hanno un nome, e dove a molti non è stato neanche garantito l’allaccio del metano, si respira un’aria malata da almeno 15 anni. E cioè da quando è arrivata questa enorme bomba ecologica a turbare i sogni di chi ci vive. Il Centro Oli emana cattivi odori che arrivano sin dentro il letto di casa. Quando poi si registrano anomalie all’impianto, l’ultima volta è successo a settembre scorso, una lunga lingua di fuoco si alza verso il cielo. Come uno stendardo che ricorda a tutti chi detta legge da queste parti: il Cane a Sei zampe. Una settantina di famiglie, in tutti questi anni, sono state costrette a convivere con questo impoverimento della natura.
Con questa perdita di valore delle abitazioni, della terra e persino della vita stessa.
E il tutto è avvenuto in assenza di controlli ambientali sicuri.
Già, perché a produrre i dati, è prevalentemente l’Eni.
O ti fidi o ti fidi. Ma su ciò che accade a contrada Le vigne tutti hanno sempre chiuso un occhio. Perché tutto qui diventa merce di scambio. E l’Eni, ben consapevole del danno arrecato, sta trattando casa per casa i famosi “indennizzi”. “Non ne parliamo”, lascia intendere una signora sul ciglio della strada.
E invece la compravendita di casa e diritti, è l’aspetto forse più atroce. È necessario documentarlo. Numerose famiglie, infatti, hanno intentato una causa contro l’Eni nel 2006 e hanno vinto. Indennizzo garantito. Dai 20 ai 50 mila euro a famiglia. Qualcuno ha persino lasciato la propria abitazione e i terreni. Un’altra quota di cittadini, invece, è ricorsa alle vie legali solo lo scorso anno.
Ora attendono anche loro il giusto indennizzo. La trattativa in corso impone il silenzio. Nessuno parla. Quindi gli abitanti di questo sventurato quartiere si dividono tra chi ha già ottenuto un risarcimento e chi è in attesa. La serenità violata, la puzza di idrogeno solforato, la ‘morte dell’agricoltura e del settore primario’, hanno un prezzo che l’Eni inizia a riconoscere anche a livello legale. Ma nulla potrà restituire la dignità perduta a questi malcapitati cittadini, che 20 anni fa cercavano da queste parti un po’ di pace: villa con giardino, orto e vigna, per condurre un’esistenza bucolica. E invece, senza saperlo, andavano incontro all’inferno delle estrazioni petrolifere.
Andavano incontro all’aumento esponenziale delle malattie tumorali. Basta avvicinarsi a contrada Le Vigne per sentire quanto ‘puzza’ di petrolio la quotidianità.
E con il raddoppio delle estrazioni, sancito dagli accordi voluti dagli ex presidenti della Regione Basilicata Filippo Bubbico e Vito De Filippo e dalla nuova legge Sblocca Italia di Renzi, il Centro Oli diventa sempre più centrale nello scacchiere produttivo dei petrolieri. L’esistenza, invece, a contrada Le Vigne, diventa sempre più rischiosa.
Un diabolico esperimento sulla pelle di ignari cittadini.
Chi dice che il petrolio non ha fatto danni in Basilicata è qui che dovrebbe venire a vivere per una settimana.
Prenderebbe coscienza.
E inizierebbe a imprecare.
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