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riprendiamo il controllo del cibo prima parte
Le città sono nate quando l’uomo ha deciso di fermarsi: non essere più un nomade cacciatore, ma incominciare a coltivare ed allevare gli animali. Dove ci si poteva fermare, stabilire la propria virtuosa sedentarietà? Ovviamente nei luoghi più adatti a vivere il meglio possibile, in terre fertili e vicine all’acqua (i fiumi in particolare). Ciò significa che l’urbanizzazione è avvenuta nei luoghi migliori, e la crescita urbana abnorme delle città che si è avuta in questi ultimi cent’anni, non può che aver messo in crisi il suolo, le coltivazioni che in quei luoghi ora urbanisticamente espansi, cementificati, sono stati abbandonati all’utilizzo agricolo.
Il concetto di “consumo del suolo”, la sempre maggiore mancanza di terre fertili per coltivare, parte proprio dall’espansione del cemento e la fine di ogni coltivazione. Espansione edilizia all’inizio sicuramente necessaria per dare una casa a tutti; ora tendenzialmente allargatosi per motivi speculativi: cioè rende di più, finanziariamente, avere terreni in città o in prossimità di esse previsti nella pianificazione urbana ad espansione abitativa, o di servizi (centri commerciali, opere viarie ect.) che a coltivazione. Questo nonostante la crisi economica ed edilizia che da 7 anni viviamo e che pare darci un segnale concreto che la rendita speculativa sui terreni è oramai una cosa del passato, che non funziona più.
Nel sistema mondiale dell’economia il cibo rischia di diventare appannaggio di produttori sempre più grandi, che concentrano su di loro la maggior parte dei prodotti alimentari. Già oggi ci sono 10 gruppi multinazionali che controllano più del 70% del cibo del pianeta… Una concentrazione in pochissime mani di tutto il cibo, come sta avvenendo, è uno scenario da incubo.
Per questo è necessario creare degli “anticorpi”; e questo può essere dato da fenomeni che si stanno allargando positivamente: come il SORGERE DEI PRODOTTI A CHILOMETRO ZERO, I PRESIDI TERRITORIALI, I SISTEMI DI PRODUZIONE ARTIGIANALE. Se nella politica (europea, ma non solo) stanno venendo minacciosamente a galla gruppi autonomistici e localisti che propongono chiusure verso il mondo in chiave di purezza etnica, in piccoli stati, il fenomeno localista in agricoltura è invece veramente positivo: un sanissimo ritorno a un legame con il proprio territorio. E’ su questa idea di produrre il cibo vicino a casa che è assai interessante il fenomeno di un ritorno (o un inizio) della coltivazione DENTRO LE CITTA’ del cibo necessario ai suoi abitanti; modi pratici, convenienti, di coltivare prodotti locali e a km0.