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di Silvia Pasqualotto
I prodotti più costosi sono posizionati all’altezza degli occhi, il pane e il latte si trovano sempre alla fine del supermercato, la frutta e la verdura occupano lo spazio all’inizio del market. La grande distribuzione alimentare le pensa tutte per spingerci ad acquistare prodotti che non ci servono

A chi non è capitato, appena uscito dal supermercato, di guardare incredulo lo scontrino e pensare: “Ma come ho fatto a spendere così tanto?”. E non è colpa di un prodotto “battuto” due volte dalla cassiera o inserito senza lo sconto.

 

Se questa situazione vi suona familiare non allarmatevi: siete in buona compagnia. La responsabilità di quel conto più salato del previsto non è infatti imputabile solo a una semplice disattenzione o al fatto di essersi lasciati tentare da un prodotto. Il primo colpevole del nostro carrello strabordante si chiama marketing.

 

Per spingerci a comprare di più, i supermercati delle grandi catene di distribuzione mettono infatti in atto delle strategie di condizionamento psicologico. Un insieme di sottili tattiche di persuasione alle quali anche le persone più dotate di autocontrollo faticano a resistere.

 

Qualche esempio? I prodotti più costosi sono posizionati all’altezza degli occhi, il pane e il latte si trovano sempre alla fine del supermercato, la frutta e la verdura occupano lo spazio all’inizio del market. Il tour degli acquisti inutili continua anche quando si aspetta in fila per pagare: il breve percorso che ci separa dalla cassa è spesso costellato di espositori di cioccolatini, caramelle e snack.

 

Un caso? “Certo che no. Nei punti vendita della grande distribuzione nulla lo è”, spiega Antonella Carù, docente di Marketing esperienziale all’Università Bocconi di Milano. “Da un lato si cerca di attrarre i clienti con le promozioni, dall’altro invece si lavora sul cosiddetto marketing esperienziale. La capacità del negozio di far vivere al cliente un’esperienza piacevole che influirà sulle sue abitudini di consumo”.

 

Il condizionamento comincia nel momento in cui si varca la soglia. Quasi tutti i supermercati espongono come primo prodotto la frutta e la verdura. “La visione di questi alimenti, così belli e colorati, dà l’impressione di trovarsi in un luogo sano e di qualità. Tutto è disposto per far sembrare l’ambiente il più simile possibile a un piccolo mercato” rivela Carù.

 

Lo stesso avviene, secondo uno studio condotto dall’associazione di consumatori inglesi “Which?”, con le aree panetteria, pescheria, macelleria, gastronomia. Lo scopo è di dare l’idea che il supermercato sia serio e affidabile come potrebbe esserlo un piccolo negozio di quartiere.

 

“I grandi supermercati - spiega Antonella Carù - studiano le abitudini di consumo dei clienti per prevederne e condizionarne le scelte. Le ricerche vanno dal modo in cui è meglio disporre i reparti alimentari fino alla posizione del singolo prodotto sullo scaffale. In genere il criterio più usato è quello dell’occasione d’uso”. Questo spiega ad esempio perché spesso il caffè si trova vicino al latte. “Il cliente verrà inconsciamente spinto a comprarli entrambi anche se magari gliene serve solo uno dei due”.

 

Nemmeno la posizione di pane, sale, zucchero e altri alimenti considerati di prima necessità è casuale. In quasi tutti i supermercati questi prodotti si trovano alla fine del negozio o in scaffali poco visibili. La ragione - spiega la professoressa Carù - è che “in questo modo il consumatore è costretto a cercarli, e, di conseguenza, a rimanere più a lungo nel punto vendita, aumentando così le possibilità di fare acquisti impulsivi”.

 

Lo stesso rischio che il cliente corre con le merci “ad altezza occhi”. Questi prodotti sono quasi sempre i più costosi o appartenenti al marchio dalla catena. Vengono posizionati in questo modo per attrarre più facilmente il consumatore. Un'altra posizione privilegiata è quella delle cosiddette “testate di gondola”, cioè l’inizio delle corsie. Qui i supermercati collocano le offerte speciali o i nuovi articoli da lanciare. “Le catene della grande distribuzione - spiega ancora Carù - conducono studi sul percorso dei consumatori all’interno del punto vendita per capire dove è meglio posizionare i prodotti”. Lo scopo è sia quello di sfruttare al meglio lo spazio, sia quello di spingere il cliente verso un tragitto prestabilito.

 

A condizionare gli spostamenti del consumatore sono anche gli enormi cartelli con la scritta “speciale” o “offerta”. Questi segnali spingono inconsciamente il cliente a pensare che se un prodotto viene definito così, non può non essere buono o conveniente. A rafforzare questa idea, contribuisce anche il colore rosso. Una tonalità, ha notato “Which?”, che attira la nostra attenzione. Il giallo, invece, richiama il colore del grasso evocando all’istante la sensazione della fame.

 

E se anche il povero consumatore fosse riuscito ad arrivare indenne alla cassa, senza nemmeno un prodotto in più rispetto a quelli che si era prefissato di acquistare, è proprio lì che il marketing ha in serbo l’attacco finale. Caramelle, cioccolatini, snack, riviste e bibite riempiono, infatti, gli espositori davanti ai quali i clienti, annoiati e stanchi, aspettano il proprio turno.

 

Contro questo stratagemma si sta battendo il sito specializzato in tematiche alimentari, Il fatto alimentare. Attraverso una petizione su Change.org, il sito ha infatti lanciato la campagna “Stop a dolci, caramelle e snack venduti alle casse dei supermercati”. L’appello è stato rivolto alle più importanti catene: Coop, Conad, Esselunga, Auchan, Carrefour, Simply, Eurospin, Lidl, Il Gigante, Pam, Iper, Billa, Crai, Unes, Selex, Sma, Gruppo Lombardini, MD Market, LD Market, Supersigma, NaturaSì.

 

“Questa zona - spiega il vicedirettore Dario Dongo - è molto importante per i supermercati. È qui infatti che si registra il più alto numeri di acquisti d’impulso. Dolciumi e caramelle attirano soprattutto i bambini che, complice la noia dell’attesa, fanno i capricci per averli. Una strategia di marketing molto pericolosa se si pensa che quasi il 30% della popolazione è in sovrappeso e si corrono ancora più rischi durante l’infanzia”.

 

I dolci alle casse sono già spariti in tutti i negozi della catena Tesco in Gran Bretagna, in quelli della catena Lidl in Svizzera. Mentre in Nuova Zelanda, dopo le proteste di numerose associazioni di consumatori, le più importanti aziende della grande distribuzione stanno valutando la possibilità di sostituire il cosiddetto junk food con prodotti sani come noci, frutta secca e succhi di frutta biologici.

 

Category: Italia | Views: 874 | Added by: Antonella | Rating: 5.0/2
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