Sì, è tutta colpa mia, che non ero in parlamento quando i partiti, nessuno escluso, hanno votato il Trattato di Lisbona e il pareggio di bilancio in Costituzione, che sono le cause principali dello sfascio della sanità, in Calabria e altrove.
di Dalila NESCI
È colpa mia, perché la regionalizzazione della sanità, definitiva con la modifica (nel 2001) del titolo V della Costituzione e molto penalizzante per la Calabria, prima questione meridionale, l’ho introdotta io quando andavo al liceo.
È colpa mia, perché non sono demagogica, non mi piego a pressioni, non mi emozionano le menzogne politiche. È colpa mia, perché o entro nel merito dei problemi o taccio, senza badare a calcoli per la rielezione alla Camera.
È colpa mia perché, perché con denunce – anche formali – ho toccato equilibri esistenti: guai a dire qualcosa fuori del coro, anche se nell’interesse di tutti i cittadini, poveri e non.
È colpa mia, perché avevo già messo in dubbio, carte alla mano, la legittimità della procedura di realizzazione dell’ospedale della Piana di Gioia Tauro, chiedendo a tutte le istituzioni possibili, come avrebbero fatto i rappresentanti del popolo in Uganda o in Tuvalu, di verificare gli atti del caso.
È colpa mia, perché ho detto una cosa di puro buon senso, e cioè che la sanità sul territorio dell’Alto Ionio cosentino va potenziata, fornendo al principale ospedale di tutta la provincia, che – per colpa mia – è quello di Cosenza, una struttura nuova e resistente all’ingolfamento che – per colpa mia – subirà nei prossimi anni a causa degli ulteriori tagli alla sanità pubblica e della lentezza che – per colpa mia – caratterizza ancora il riordino della sanità calabrese. Ed è colpa mia se ricordo che soltanto nel marzo scorso ci fu una manifestazione, strombazzata ma già dimenticata, per l’ospedale di Cosenza, che – per colpa mia – si trova in un brutto guaio; a partire dalla sede, che con rispetto sembra un manicomio, nella migliore delle ipotesi.
È colpa mia, perché a me l’idea che il nuovo sia garanzia assoluta di migliore proprio non va giù. È un concetto moderno, diciamo pure capitalistico, fondato sulla logica della produzione e dell’arricchimento per pochi, che pure cattura molti, ne suggestiona altri e va oltre il «milione di posti di lavoro» di quel lontano ’94, l’anno del «nuovo miracolo italiano».
Ed è colpa mia se il nuovo, questo elemento chiave del progresso che non è sviluppo, ha preso piede riempendo le tasche e la pancia a speculatori e affaristi. Vi ricordate quelli dell’Aquila? Lì, è certo, non fu colpa mia.
Ora il sindaco di Rossano (Cosenza), che si chiama Giuseppe Antoniotti, mi ammonisce, dicendomi che ho fatto l’«ennesima gaffe» – che di norma è involontaria, al contrario delle mie azioni – a proposito del nuovo ospedale della Sibaritide, che a suo avviso risolverà i problemi di sanità di tutto il territorio. Me lo auguro di cuore, ma non sarà colpa mia se, costruito il nuovo ospedale, questo non avverrà e sarà necessario ricordarlo ad Antoniotti, che col suo dire d’impulso si è assunto una grande responsabilità politica.