Non punibilità per tenuità del fatto e archiviazione del procedimento anche quando l’abitazione privata venga “invasa” da terzi.
Avrà meno rischi con la giustizia chi, da oggi, si introdurrà nell’abitazione altrui (o in un altro luogo di privata dimora) contro la volontà del suo possessore/titolare. Infatti, il recente decreto legislativo sulla “non punibilità” dei reati per tenuità del fatto (ovvero pene fino a 5 anni di reclusione o solo pecuniarie) [1] si applica a numerosi articoli del codice penale [2] tra cui quelli che tutelano il domicilio altrui e qualsiasi altro luogo in cui vengono svolte attività della vita privata. Ebbene, con l’approvazione della controversa riforma, in tali casi si applicherà la “causa di non punibilità” con la conseguenza che il giudice dovrà archiviare il procedimento e non applicare alcuna pena nei confronti del reo (leggi, per maggiori dettagli la nostra “guida sulla tenuità del fatto)”. Dunque, a ben vedere, non si tratta di una “depenalizzazione” vera e propria, come impropriamente alcuni riferiscono (il “fatto” commesso dal reo, infatti, resta qualificato come reato), ma con la differenza che non viene applicata la pena.
Il “perdono” non si applicherà solo nei casi più gravi, ossia quando il colpevole abbia riportato altre condanne dello stesso genere, sia stato dichiarato “delinquente abituale”, oppure abbia agito per motivi futili, crudeli, in violazione del sentimento di pietà per gli animali, con sevizie o approfittando di condizioni di minorata difesa della vittima.
Attenzione: non si confonda il semplice reato di “violazione di domicilio” da tutti quelli che, nei casi più gravi, possono essere collegati. La pura violazione si ha, per esempio, nel caso in cui il vicino di casa, approfittando dell’assenza del proprietario, si introduca nell’altrui giardino magari per effettuare rilievi, foto o semplicemente per curiosare. Diverso, invece, è il caso del ladro che entri e tenti di rubare (in tal caso ci sarà la rapina a mano armata, reato che si andrà a sommare a quello della violazione di domicilio, impedendo l’applicazione della causa di non punibilità) o di chi si introduca commettendo violenza privata o minacciando il proprietario.
Resta ferma, comunque, la possibilità per il proprietario dell’abitazione di ricorrere alla legittima difesa: condotta, comunque, che deve essere sempre proporzionale al bene che si vuole proteggere. Per esempio, non per salvare i gioielli, il proprietario potrebbe uccidere il ladro; al contrario è legittimo l’uso della legittima difesa per difendere la propria o altrui incolumità oppure i beni propri o altrui in quest’ultimo caso quando sussiste pericolo di aggressione.
Una riforma del 2006 [3], comunque, ha introdotto, in tema di legittima difesa, la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell’aggressore, ossia l’effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza: resta fermo, comunque, il fatto che, per legittimare la difesa, è necessaria un’offesa attuale e l’inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità.
|